Mentre il conflitto in Ucraina prende una piega sempre più drammatica, e le sanzioni alla Russia sono cartina di tornasole delle relazioni con l’Occidente ridotte ormai ai minimi termini, l’Istituto Regionale Studi Europei di Pordenone ci riporta ad un episodio significativo di scambio e collaborazione fra l’Italia e l’Unione Sovietica, proprio nel cuore della Guerra Fredda: l’insediamento, a Togliattigrad, di uno stabilimento Fiat per la costruzione di automobili. Una scommessa imprenditoriale decisamente coraggiosa e imprevedibile a fine anni Sessanta, eppure foriera di futuri scambi economici e tecnologici oltrecortina.

Valentina Fava


Appuntamento oggi, alle 15.30, a Pordenone, nell’auditorium Zanussi, per il terzo incontro del ciclo di cultura economica organizzato dall’Irse sul tema “Scambi e benessere economico nell’Europa dei blocchi”. Curata da Giulio Mellinato, docente di Storia economica e History of Globalization all’Università di Milano Bicocca, la rassegna vedrà protagonista la studiosa Valentina Fava, docente di Storia Economica nel dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, oltre che direttrice esecutiva del centro di ricerca sulla mobilità e l’industria automobilistica Cami, autrice di diversi saggi sulla storia dei trasporti e della Guerra Fredda. Il suo intervento sarà focalizzato sul caso “Fiat nell’Urss. Contrapposizioni politiche e occasioni economiche”: si parlerà di quello che era stato definito come l’«affare del secolo» in una prospettiva che andava oltre le semplici relazioni tra Italia e Urss, proprio per le implicazioni di alto valore che ebbe sulla liberalizzazione degli scambi di tecnologia e sapere tra tutto il mondo capitalista e quello socialista. La partecipazione è gratuita, con prenotazione obbligatoria (per entrambe le modalità), con interventi liberi da parte del pubblico nello spirito di confronto e dibattito. Previsto lo streaming live, accesso con Green Pass come da normativa vigente.
Fu un ingresso trionfale, quello della Fabbrica Italiana Automobili Torino – cioè Fiat – in Unione Sovietica: un accordo che avrebbe portato l’azienda piemontese ad assumere un ruolo centrale nella produzione dell’auto più amata di tutta l’Urss: la Lada, una 124 in versione russa. L’intensità dei contatti tra la Fiat e Washington, a quanto emerge dagli archivi americani, sembra poi suggerire che la costruzione dello stabilimento Fiat possa aver contribuito a sdoganare, agli occhi dell’opinione pubblica americana, i sempre più intensi e reciprocamente necessari trasferimenti di tecnologie e know-how verso l’Urss, anche in una dimensione politica.

Valentina Fava ha ricevuto il dottorato di ricerca all’Università Bocconi di Milano. Dal 2020 insegna Storia economica presso il dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia ed è direttrice esecutiva del centro di ricerca sulla mobilità e l’industria automobilistica Cami (Center for Automotive and Mobility Innovation). In precedenza ha lavorato come ricercatrice presso l’Accademia delle Scienze della Repubblica Ceca (Purkyne Fellowship), la Technische Universitat di Berlino (Marie Curie Fellowship), l’Università di Helsinki (Collegium for Advanced Studies) e l’Istituto Universitario Europeo (Max Weber Fellowship). Ha pubblicato saggi sulla storia dei trasporti e della Guerra Fredda, tra cui Between Business Interests and Ideological Marketing: The Soviet Union and the Cold War in Fiat Corporate Strategy (1957-1972). In “Journal of the Cold War, 2018.

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In copertina, Giovanni Agnelli a Togliattigrad e all’interno del nuovo stabilimento della Fiat.

 

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