di Giuseppe Longo

Ma che strana Epifania! Irreale, senza i tradizionali fuochi propiziatori che pure a Nimis ci riportano ai tempi antichi. Non ricordo un altro anno in cui non ci sia stata la loro accensione (peraltro oggi resa problematica a causa del tempo piovoso), probabilmente questo non è avvenuto mai, forse soltanto nel 1945 perché, appena pochi mesi prima, il paese era stato trasformato in un immenso “pignarûl” (o “pagnarili” come si dice qui). Invece, quest’anno, complice la pandemia che ancora non vuole arrendersi ma, anzi, pare purtroppo riprendere vigoria, tutto è stato cancellato, o meglio sospeso, perché si spera che una volta passata questa bufera anche le sane e belle tradizioni possano riprendere. Perché lo spirito umano ha bisogno anche di queste semplici e spontanee espressioni che attingono al passato per alimentare la propria cultura, il suo essere, le cui radici affondano in una storia che ci parla ancora.


Per fortuna, almeno i riti religiosi resistono, pur con tutte le precauzioni anti-contagio, che invece davanti ai fuochi scoppiettanti di faville e tra volute di fumo interpretabili sul nostro futuro non sarebbero garantiti. E nelle Chiese, vestite a festa come in tutto il ciclo natalizio che, cominciato con il “Missus”, si conclude proprio con la solennità dell’Epifania, si possono ancora ammirare i presepi. Tra questi, si distingue quello allestito nel Duomo di Santo Stefano e che racconta con efficacia la Natività di Nostro Signore prefigurando, sullo sfondo, già la morte, ma anche la resurrezione, come mostra il gruppo marmoreo della Speranza sul maestoso altare di Heinrich Meyring. Un allestimento fatto dai giovani del paese con grande estro e abilità interpretativa, proposta in stile tradizionale, che ricrea un quadretto di vita contadina con pastori, pecore e mulino, quello che piace di più perché ci fa sentire meglio in sintonia con i nostri valori. Per cui un grazie e un complimento se lo meritano davvero.
E da domani sarà Carnevale, un periodo solitamente festoso, ma anche questo sotto tono. Ormai, purtroppo, va avanti così. Con una Quaresima ben più lunga dei classici quaranta giorni prima della gloria pasquale. Ma anche questa emergenza passerà, come è sempre avvenuto nella storia per ogni epidemia più o meno grave. E così, come dicevo, potremo riprendere a vivere anche con le nostre tradizioni più sentite e genuine.

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In copertina e qui sopra il presepe allestito nel Duomo di Nimis con sullo sfondo l’altare del Meyring.

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