di Nadia Semeja
Dire Dante e un po’ come evocare le fiamme dell’Inferno e ciò forse per quel sottile,
quanto inconscio, piacere che l’uomo comune ha di scavare nel male degli altri, sia
pure in situazioni riportate e inventate; quasi una liberazione e purificazione del
proprio male attraverso il peccato ed il tormento altrui. Forse è per questo che ben
poche volte il nome di Dante ci suggerisce visioni azzurre in cui il nostro animo,
troppo esacerbato dalla dura lotta per la vita quotidiana, possa librarsi e fondersi con
i celesti canti di coloro che il Sommo Poeta considerò degni di essere posti nei freschi
giardini del suo Paradiso.
C’è, però, una parte dell’opera di Dante che, mi sembra a torto, troppo spesso
trascurata: il Purgatorio. Eppure, da un esame più accurato o, forse, più distaccato,
appare quasi inevitabile l’identificazione del nostro stesso piccolo mondo terreno
pieno di banalità, controsensi, futili liti e labili gioie, con il secondo regno
ultraterreno visitato dal Poeta fiorentino nel suo viaggio immaginario con Virgilio.
Un mondo che sta a mezzo tra le «stelle e le stalle…», un mondo, insomma, che ci
sembra di conoscere bene e dove, direi, quasi che ci sentiamo a casa nostra.
Si giunge alla sua lettura dopo aver esaminato l’Inferno, con ancora
l’animo pieno di visioni penose, di sofferenze terribili e di speranza,
di violente imprecazioni di anime che persistono nel loro errore e
dolcissime lacrime di doloroso quanto inutile tardivo pentimento. Le
pene, a volte, sono atroci ed i lamenti dei condannati ci sembrano
ancora risuonare con rabbia e disperato dolore, ma già dai primi versi ci si sente
trasportati in una atmosfera più tranquilla, più serena e ben presto dall’episodio
dell’incontro di Dante con Casella scaturisce il sentimento che sarà il vero interprete
dl tutta la cantica: l’Amore.
Casella, valente musico e cantore morto poco prima del 1300, era
stato un carissimo amico del Poeta e il grande affetto che aveva legato i due uomini
in vita riaffiora prepotente in questo incontro con le anime del Purgatorio. È nel
doloroso stupore di Dante, che per ben tre volte tenta di abbracciare l’evanescente
figura dell’amico, che incontriamo per la prima volta un senso di dolcezza e di serena
rassegnazione che si contrappone alle sensazioni di violento dolore, rammarico ed a
tratti aspri toni di accusa che contraddistinguono invece l’Inferno.
Lo scenario del Purgatorio e la simbolica montagna che sorge in mezzo all’Oceano
dell’opposto emisfero ed è tanto alta che la sua volta è sfiorata dal primo giro dei
Cieli in cui è divisa la cantica e la sua base è lambita dalle acque del Tevere. È la
rappresentazione dell’anima stessa dell’uomo che si viene a trovare nella vita terrena
fra due poli opposti: il sommo bene e il sommo male. Dotata di libero
arbitrio, cioè, potendo di sua volontà votarsi al bene o al male può
tendere al Cielo o all’Inferno. Il peso del peccato la trascina in giù
verso il regno di Lucifero; se, invece in seguito a un pentimento sincero, e perdonata
da Dio, va alla foce del Tevere e, condotta dall’Angelo all’isola del Purgatorio, inizia
la lunga, faticosa salita della montagna verso la salvezza eterna.
È proprio la dura salita su per i gironi del monte che costituisce la
parte principale del Purgatorio e crea uno stato d’animo particolare
dominato dall’idea dell’ascendere e di attuare attraverso stati di coscienza sempre più
elevati e complessi il raggiungimento di una condizione dl completa soddisfazione e
serenità interiore.
In ognuno dei ripiani si ha un punto di arrivo che è allo stesso tempo
un nuovo punto di partenza. Questo secondo regno si potrebbe definire un mondo di
transito. Ciascuna delle tappe è collegata alle precedenti ed alle seguenti in un
organico sommarsi di purificazioni e di sentimenti che producono, di volta in volta,
l’elevarsi dell’anima ed il suo alleggerirsi in modo sempre più raffinato e perfetto.
Un aspetto particolare del Purgatorio è che non c’è un netto distacco delle anime dei
condannati (sono ancora tali) dal ricordo della vita terrestre, anzi è un motivo che
ricorre molto frequentemente nei discorsi delle anime, specialmente dei primi gironi.
Solo quando il peccato sarà lavato dallo scontare della pena, allora scomparirà anche
il ricordo della vita terrena con tutte le sue tentazioni.
Particolare interessante, inoltre, sono le frequenti allusioni al tempo: il precisare in
vari episodi dell’esatto momento della giornata e persino dell’ora che segna una
circostanza, sia essa «l’ora che volge il desio» ai naviganti o il momento di un
annuncio, di un incontro o della fine di un colloquio.
Anche in questo si riscontra un continuo gioco di contrapposizioni: il
minuto nell’eternità, il finito nell’infinito, il bene e il male. Lo stesso
effetto produce la raffigurazione in ogni girone degli esempi di vizio
punito e di virtù premiata. Tutto, insomma, contribuisce a rappresentare ed a far
sorgere nello stesso animo del lettore quel senso di tormentata e continua lotta dello
spirito umano tra due opposte tendenze e lo sforzo costante dell’intimo verso la
conquista della verità e della felicità che per le anime del Purgatorio si risolve, infine,
col volo liberatore verso il regno del Paradiso.
—^—
In copertina, Dante e Virgilio nel Purgatorio in una illustrazione di Gustave Dorè.