di Giuseppe Longo

«Un direttore che non aveva paura di osare, che difendeva sempre la libertà dei giornalisti e il cui passaggio ha lasciato un segno indelebile all’interno dei molti giornali in cui ha lavorato e che ha guidato». E ancora: «Uomo gentile e buono d’animo, la sua è stata una “firma” che si è sempre caratterizzata per oculatezza e profondità dei temi trattati, in modo particolare per quelli riguardanti il Friuli, terra che ha sempre amato con grande passione e sulla quale si è concentrato anche dopo aver lasciato la direzione del giornale». Le parole di Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia, tracciano un nitido ritratto di Sergio Gervasutti, spentosi ieri mattina, e chi l’ha conosciuto – come me che al Messaggero Veneto l’ha avuto direttore per otto anni – non può che condividere.
Una grave perdita per il giornalismo e la cultura della nostra terra perché la sua morte avvenuta a 83 anni ci ha privato di una penna fra le più felici e competenti, sia vergasse articoli di fondo, stendesse gustose e pure graffianti “noterelle” o rispondesse alle lettere dei tanti affezionati lettori,  sia scrivesse pagine dei suoi libri, legati soprattutto alla storia contemporanea di queste contrade, come la seconda Guerra mondiale, gli Alpini e la Resistenza. E se il destino non ce lo avesse già portato via avrebbe potuto dare ancora molto. Ma, evidentemente, la malattia e il dolore per la morte del fratello più giovane, avvenuta soltanto pochissimi giorni fa, hanno fatto sì che la laboriosa esistenza di Gervasutti, al servizio della verità, anche se scomoda, si concludesse proprio adesso. E ora torna a riposare nella sua Palmanova (funerali giovedì, alle 10.30, nel Duomo dogale che lo vide crescere nella fede), in quella Fortezza che non ha mai smesso di amare nonostante il lavoro, alla guida dei vari quotidiani, lo trattenesse lontano. E quella di Udine è stata la residenza più vicina alla città natale dopo il suo ritorno in Friuli per ricevere il timone del “giornale dei friulani” che ha condotto, con un taglio da subito innovativo, dal 1992 al 2000, appunto otto anni, la direzione più longeva dopo quella storica di Vittorino Meloni.
Nell’autunno scorso, l’Arga Fvg gli aveva attribuito uno dei riconoscimenti istituiti nell’ambito della prima edizione del Premio Isi Benini – Città di Udine: l’aveva meritato per aver tracciato un originale ricordo dell’amico giornalista di Moggio, morto prematuramente a Montevideo. Ma a quella cerimonia in sala Ajace Sergio Gervasutti purtroppo non c’era. E questo era stato un premio, evidentemente l’ultimo, che per lui ha rappresentato una sorta di suggello alla sua feconda “giornata” tutta dedicata alla onesta e puntuale informazione e, appunto, alla cultura del nostro Friuli. Che gli rimane debitore.

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In copertina, il giornalista e scrittore Sergio Gervasutti, spentosi a 83 anni. (Photolife.eu)

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