Con un affettuoso omaggio alla scrittrice triestina Elody Oblath, l’autrice di “Poesie e Notturni di Maggio” (1950) e di “Confessioni e Lettere a Scipio” (1979 postumo, edizioni Fogola), moglie di Giani Stuparich, il Conservatorio Tartini di Trieste celebra la giornata dell’8 marzo, Festa mondiale della donna: anticipando così il cinquantenario della scomparsa di una grande personalità della letteratura e delle arti dello scorso secolo, che si spegneva a Trieste il 6 settembre 1971.
Pertanto, oggi alle 16.30, al Tartini per la cerimonia ufficiale di intitolazione dell’Aula 24 del Conservatorio di Trieste – la sala conferenze al secondo piano dell’Istituto – in memoria di Elody Oblath. «L’apposizione di una targa in un luogo di cultura ed alta formazione come il Conservatorio è particolarmente significativa – spiega Rossella Lucchini, presidente del Cug che promuove l’iniziativa –. Un gesto che rafforza il nostro impegno per la promozione della parità di genere fra le nuove generazioni. L’iniziativa rientra nell’area d’intervento della diffusione della cultura delle Pari Opportunità prevista dal Piano di Azioni Positive adottato dal Conservatorio, incentivando processi di cambiamento verso la realizzazione della parità di genere e l’affermazione dell’identità femminile nella società».
Alla cerimonia, con il presidente del Tartini, avvocato Lorenzo Capaldo, e il direttore maestro Roberto Turrin, parteciperà la nipote di Elody Oblath Giusy Criscione dello Schiavo, assieme ai componenti del Comitato promotore dell’iniziativa.
La Giornata internazionale della donna offre l’occasione per celebrare le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, e per ricordare le discriminazioni e le violenze di cui tuttora sono vittima a qualsiasi latitudine del pianeta. La scelta dell’intitolazione a Elody Oblath vuole rendere omaggio a una figura che si è distinta anche per una profonda passione per la musica ed in particolare per il bel suono del canto e dell’arpa che tanto amava, ma dalla quale ha dovuto distaccarsi per necessità economica dopo la seconda Guerra mondiale. Valorizzare la figura di Elody Oblath significa ricordare una persona che l’anagrafe ebraica ha condannato alla tragica esperienza della Risiera, e che per tutta la vita ha coltivato con passione la promozione della cultura, anche musicale.

Elody Oblath nasce nel 1889 a Trieste da una ricca famiglia borghese. Il padre è di origine ebrea-ungherese, la madre è veneta. Nei primi anni del secolo stringe amicizia con Luisa Carnel e Anna Pulitzer. Insieme saranno le “tre amiche” di Scipio Slataper, che Elody conosce nel 1909. Nel 1915 Elody, di forti sentimenti italiani, si trasferisce a Firenze seguendo gli amici fuggiti da Trieste e arruolati volontari nell’esercito italiano: come Slataper, i due fratelli Stuparich, Bruno Forti, Guglielmo Reiss Romoli. Seguono anni di grandi attività per la causa italiana, vissuti a Firenze e Roma, dove nel frattempo si era trasferita anche Gigetta, moglie di Scipio. Elody Oblath conosce Amendola, Prezzolini, i vociani; frequenta Sibilla Aleramo, Amalia Bontempelli, Anita Mondolfo, con la quale instaura rapporti di amicizia. Ma questi stessi anni sono di grandi lutti: il 3 dicembre 1915 muore Slataper, il 30 maggio del 1916 muore Carlo Stuparich, il 31 dello stesso mese il fratello Giani viene fatto prigioniero. Tornato dalla prigionia, Giani il 26 febbraio del 1919 sposa Elody. Inizia la nuova vita familiare, domestica e più tranquilla, completata dalla nascita di tre figli: Giovanna, Giordana, Giancarlo. Nel 1928 Elody incomincia a raccogliere e riordinare le sue carte ed epistole con l’aiuto del marito, ma per vari motivi non porta mai a compimento quest’ordine: rimaneggia per tre volte i suoi scritti modificando in parte le lettere dalla forma epistolare in quella di confessione e di diario. Nel 1938 cominciano per Elody, di religione ebraica, i problemi legati alla campagna antisemita: si converte al cattolicesimo e inizia il suo processo di maturazione religiosa e mistica che verrà completato ed approfondito anche con letture di filosofi orientali. Nell’agosto del 1944 viene imprigionata con il marito e la suocera nella risiera di San Sabba, viene però presto liberata per intervento del vescovo Santin e del prefetto Coceani. Nel 1946 trovandosi la famiglia in difficoltà economiche si impiega nella Croce Rossa Italiana. Nello stesso periodo inizia anche la separazione da Giani, con il quale però rimarrà sempre in buoni rapporti. Nel 1951 Elody si ammala di artrite reumatoide, malattia che la porterà alla completa immobilità. Gli ultimi anni della sua vita sono dedicati da una parte a mantenere i contatti con una fitta rete di amici: è di questi anni l’amicizia con Carmen Bernt Furlani; dall’altra Elody è impegnata in una collaborazione con il Terzo programma Rai, per il quale traduce nuovi autori tedeschi. Il 6 settembre 1971 muore a Trieste nella sua casa. Opere a Stampa di Elody Oblath Stuparich: Poesie e Notturni di Maggio, Stabilimento Tipografico Nazionale, Trieste 1950 1.a ed.; Arti Grafiche Smolars 1967 2.a ed. Postume: Confessioni e Lettere a Scipio, a cura di G. Criscione, Fogola ed. Torino, 1979. L’ultima amica. Lettere a Carmen Bernt Furlani (1965-1970), a cura di Gabriella Ziani, ed. Il Poligrafico Padova, 1991. Lettere a Ciani, a cura di G. Criscione, Officina Edizioni, Roma 1994.

Info: www.conts.it

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In copertina, un bel ritratto della scrittrice triestina Elody Oblath.

 

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