di Giuseppe Longo

Si chiama Simon, ma anche Emilio, come il nonno paterno. Ha 28 anni, abita a Nimis, ha una sfrenata passione per i social e sta girando l’Italia in bicicletta. È Simon Emilio Di Betta, figlio di Rinaldo, che ha lasciato il suo borgo, Molmentet, il primo che si incontra in paese arrivando da Tarcento o salendo da Udine, già il 5 luglio. Quindi, dopo oltre due mesi di pedalate su una vecchia bici di papà, che traina pure un pesante carrellino fornito di tutto quello che gli serve per affrontare il lungo viaggio, ha attraversato lo Stivale dalle Alpi al Mar Mediterraneo. Superato lo Stretto di Messina, “vegliato” da Scilla e Cariddi, è sbarcato in Sicilia, toccando la zona più a Sud d’Italia, quella che fu terra d’approdo per Ulisse e San Paolo; è quindi arrivato nella zona di Palermo dopo aver percorso ben 3 mila chilometri. Ora ha appena lasciato l’isola per raggiungerne un’altra: la Sardegna. Conta di rientrare nel suo amato Friuli in novembre, dopo aver attraversato tutte le regioni.

Della singolare avventura di Simon Emilio non ero granché a conoscenza, se non per avere letto qualcosa su Facebook. Ma me ne ha parlato con entusiasmo Serena Vizzutti, musicista e assessore comunale alla Cultura: «Questo nostro ragazzo – mi ha detto – sta facendo cose davvero meravigliose, di cui il paese è orgoglioso. Lui è lontano da Nimis per lunghi periodi, ma è sempre profondamente legato alla sua terra. Anzi, proprio questa lontananza gli fa amare ancora di più le proprie radici. Sarà veramente bello al suo ritorno sentirlo raccontare di questa straordinaria esperienza». E una preziosa mano per contattare il giovane “globetrotter” me l’ha data la mamma, Dolores Piccoli, anticipandomi subito qualcosa di utile sul figlio. «Simon Emilio – mi ha riferito – è conosciuto sui social come “Miliomillemiglia”. Al momento ha 400 mila follower su Tik Tok e sta facendo il giro dell’Italia con una bici che ha trent’anni passando per tutte le regioni a incontrare i suoi fan. Non alloggia mai in albergo ma va dalle persone che, di giorno in giorno, lo invitano. Se non combina, dorme nella piccola tenda che porta col carrellino sul quale sventola la bandiera del Friuli. Mi piacerebbe fosse conosciuto-riconosciuto nel suo paese e nella sua regione, anche perché fa dei bellissimi video che edita ogni giorno. In Sicilia sono già usciti tre articoli su di lui». Informazioni, quelle della mamma, sintetiche ma sufficienti a sollecitare la mia curiosità, tanto da essere spronato a mettermi subito in contatto con l’avventuroso, e coraggioso, concittadino, per sapere qualcosa di più su di lui, su come è nato questo viaggio e sui suoi progetti.

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«Sono un ragazzo di 28 anni, il “figlio in viaggio”. Ho frequentato il Liceo delle scienze umane e successivamente ho studiato per due anni all’Università di Udine nel settore del turismo, ma non ho completato gli studi perché sentivo che questo non rientrava nei miei obiettivi», mi risponde il giovane Di Betta mentre sta per lasciare la Sicilia per imbarcarsi proprio alla volta della Sardegna.
Quindi, cosa è successo?
«Ho fatto diversi lavori, fino a due anni fa quando, nel settembre 2019, ho lasciato l’ultima occupazione per iniziare a viaggiare. Ho passato due mesi in Giappone, poi due in Irlanda, infine altrettanti in Germania. E in questo arco di tempo ho sviluppato un canale YouTube che è cresciuto molto lentamente, facendomi però capire che il mondo dei social, della creazione di video e della condivisione mi piaceva moltissimo, tanto che ho deciso di farne una professione».
Ma, nel frattempo, è scoppiata la pandemia…
«Difatti, in Germania sono rimasto bloccato durante il primo lockdown e al mio rientro in Italia non mi era più possibile proseguire con i viaggi tradizionali, per cui ho rispolverato la vecchia bicicletta di mio padre e ho fatto un primo viaggio mostrando le montagne del Friuli Venezia Giulia».

E poi?
«A settembre 2020, quindi un anno fa, ho fatto un secondo viaggio in bici, sempre con questa vecchia due ruote, lo zaino sulla schiena e una tenda, fino al lago di Costanza, per poi ritornare in treno e restare fermo in paese fino al luglio scorso».
Ma la mamma mi ha accennato anche a Tik Tok, il network cinese sempre più conosciuto…
«In effetti, già in febbraio, durante il secondo lockdown, ho iniziato a considerare proprio Tik Tok e, con una sfida alquanto singolare, sono diventato “famoso” sul social. In particolare, ho scavato una buca molto profonda nel giardino di casa dicendo che avrei continuato a scavare una palata di terra per ogni follower e con questa sfida ho raggiunto i primi 80.000 iscritti. A questo punto, mi è tornata in mente un’idea che ebbi in Giappone, cioè quella di un viaggio in Italia per incontrare i miei follower. E così ho fatto, ho aspettato che la situazione Covid migliorasse e nel momento in cui le regioni sono tornate “bianche” sono partito».
– Allora, di nuovo in sella alla vecchia bici?
«Sì, ho deciso di fare ancora uso della bicicletta per più motivi: la sfida che questo genere di viaggio rappresenta, il suo messaggio rispetto all’impatto ambientale e soprattutto che “nulla è impossibile”. Sottolineo che non sono un ciclista e che non mi sono preparato fisicamente. E, appunto, mi sposto su una vecchia bici che traina anche un pesante carrellino».
E adesso sei arrivato nella lontana Sicilia…
«In questo preciso momento mi trovo a Palermo, dopo aver percorso 3.000 chilometri, e sto per spostarmi in Sardegna per poi tornare in Campania e risalire sul lato tirrenico, quindi attraversare la pianura padana fino a rientrare in Friuli. Alla fine del viaggio avrò toccato tutte le regioni italiane. Sono partito il 5 luglio e rientrerò a casa, penso, a novembre».
Ma cosa avviene, in particolare, durante questo lungo “giro d’Italia” in bici. Chi incontri?
«Mi piace sottolineare l’amicizia e il calore che riscontro ovunque dove mi fermo. Infatti, lungo il percorso vengo ospitato dalle famiglie dei miei follower. In due mesi di viaggio ho dovuto utilizzare la tenda appena una decina di volte, tutte le altre notti le ho passate con delle famiglie fantastiche. Sono a tutte molto, ma molto grato».
E progetti al tuo rientro a Nimis?
«Obiettivi per il rientro? Ne ho tanti, ma il primo è sicuramente quello di dormire per una settimana intera. Comunque, è troppo presto per decidere cosa farò. Intanto, voglio terminare questo viaggio, perché credo che molte cose, idee e progetti potrebbero addirittura cambiare prima del mio arrivo. Per cui è meglio andare per gradi».

Allora, tanti auguri, caro Simon Emilio! Non so se i tuoi genitori, quando hanno scelto per te, accanto a quello del nonno, il tuo primo bel nome, forse attratti dalla pronuncia inglese Saimon, sapessero fosse anche quello di un Santo che veniva invocato nelle campagne friulane, assieme a Santa Barbara, a protezione dei raccolti (“Sante Barbare e Sant Simon che nus vuardin dal lamp e dal ton!”). E che di sicuro sta proteggendo anche te, in queste innegabili peripezie nella nostra lunga e affascinante penisola, andata e ritorno. Arrivederci, dunque, fra due mesi a Nimis, ma nel frattempo: Mandi!

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In copertina, Simon Emilio Di Betta mentre lascia Nimis il 5 luglio; all’interno, alcune belle immagini delle varie tappe: dal Veneto al Molise e alla Calabria, in una delle tante famiglie che l’hanno accolto, quindi l’imbarco per la Sicilia, dove ha provato anche a lavorare il corallo, e infine per la Sardegna.

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