Due appuntamenti con la rassegna L’Arlecchino Errante d’Inverno. Domani all’auditorium Burovich di Sesto al Reghena e mercoledì 17 novembre nella chiesa del Beato Odorico di Pordenone andrà in scena, alle 20.30, “Il lume nella tempesta – Immagini dalla avventurosa vita di Antonio Panciera, patriarca di Aquileia”. Lo spettacolo è firmato dalla compagnia Molino Rosenkranz (regia, attori e allestimento) su una scrittura drammaturgica di Ferruccio Merisi, direttore de L’Arlecchino Errante, e dedica al famoso patriarca di Aquileia (che fu in carica negli ultimi anno dello Stato patriarcale, tra il 1402 e il 1411, nove anni prima della conquista veneziana) una riflessione avvincente sul tema della relazione tra il potere temporale e quello spirituale, con intrighi e azioni violente, ma anche con illuminati progetti culturali e pastorali.
«Antonio Panciera – spiega Merisi – fu senza dubbio una figura complessa e molto attiva. Potremmo definirlo con un paradosso: “un mite combattivo”. Questa pièce contempla i momenti più significativi della sua parabola di successo, che si concluse, dopo la fine della sua esperienza di patriarca, con un grande lavorio come cardinale per la ricucitura del famoso e annoso scisma papale. Come se Antonio Panciera, il Patriarca destituito, al di là dell’amarezza per la sua vicenda personale, coltivasse fino alla fine una forte fede nell’esercizio del dialogo, della diplomazia, dei valori umani e della ragione».
Drammaturgia di Ferruccio Merisi, regia di Roberto Pagura, con Claudio Mariotti, Roberto Pagura, Giovanni Fabro. Musiche al vivo eseguite da Gabriele Martin all’organo. Lo spettacolo, con l’auditorium di Sesto al Reghena e la chiesa del Beato Odorico, viene volutamente accostato a luoghi significativi per la memoria del Patriarcato. In ognuno dei due luoghi verrà realizzato un allestimento “site specific”, con significative e interessanti diversità di utilizzo degli spazi.
«Il titolo “Il lume nella tempesta” – prosegue Merisi -, nella pièce, viene pronunciato dallo stesso protagonista, quando sente vicino, parlando con il giovane Guarnerio di Zoppola (o d’Artegna), il momento di un testamento spirituale. Le sei scene di cui la pièce si compone sono frutto di fantasia. Lo spettacolo riveste di carne e di sentimento le tracce e i graffiti storici del Panciera, raccolti e analizzati con estrema precisione dallo storico Matteo Candido in due diverse edizioni (1999 e 2014) della biografia del nostro. In essa si incrociano e si mescolano, spesso drammaticamente, alcuni grandi temi storici sotto una luce che ha molto significato anche ai nostri giorni: la Patria, la famiglia, i conflitti e le guerre, le dichiarazioni ed i silenzi, il coraggio e l’omertà, la realtà economica e quella della fede, la complessità della Storia e l’ardimento di quelli che provano a non subirla. Antonio Panciera fu forse un funzionario di carriera, ben formato nei meandri della Curia romana, e prima accuratamente ben reclutato sul campo tra le contraddizioni della civiltà di provincia friulana e papalina. Ma fu anche, oggettivamente, un uomo straordinario, di intelligenza, di cultura, di pazienza e di coraggio, oltre che di carità cristiana. Di lui resta l’ultimo sussulto di dignità indipendente della Patria del Friuli nel suo insieme, prima della assimilazione ai feudi tedeschi e della conseguente reazione veneziana, che portò alla occupazione e alla fine del potere temporale dei patriarchi. E resta anche lo sforzo di un uomo solo, che volle agire onestamente e con impegno tra le opportunità che le strutture del potere gli permettevano…».

Ingresso libero con Green pass e prenotazione raccomandata al 351.8392425.

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In copertina, tre attori nella interpretazione della vita del patriarca Antonio Panciera.

 

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