di Giuseppe Longo

Pochi giorni fa l’Apo-Friuli ha ricordato la figura di Aldo Zamorani e Gianni Nicola Castenetto, due giovani appartenenti al Battaglione Guastatori della Brigata Osoppo che il 22 marzo del 1945, a poche settimane dalla fine della seconda guerra mondiale, morirono a Salandri di Attimis. Stavano prelevando l’esplosivo che sarebbe dovuto servire per un’azione di forza alle Carceri di via Spalato, a Udine, ma l’improvviso scoppio li uccise assieme ai due anziani coniugi che erano i proprietari del casolare dove era nascosto il materiale esplosivo. Castenetto era tricesimano, mentre Zamorani viveva da pochi anni con la sua famiglia a Udine. La madre era originaria di Nimis. Il loro sacrificio è stato ricordato da Roberto Tirelli in un libro da poco pubblicato, ma mai presentato ufficialmente a causa dell’emergenza sanitaria che ha sempre fatto rinviare l’iniziativa. Il volume, oltre alla presentazione da parte del presidente dell’Apo-Friuli, si apre con gli interventi dei sindaci di Attimis, Nimis e Udine.

Gloria Bressani

«Questa pubblicazione dell’Associazione Partigiani Osoppo – scrive la prima cittadina di Nimis, Gloria Bressani – si è rivelata una vera sorpresa: ormai il nome di Teresa Anna Comelli “Peressot”, figlia di Augusto e di Adele Biasizzo, e di suo marito Mario Zamorani era rimasto nel ricordo di alcuni lontani parenti quasi tutti non più residenti a Nimis. E’ stata una sorpresa che ci ha permesso di ricordare fatti a noi lontani che trovarono svolgimento proprio qui, nel nostro paese. Come il matrimonio celebrato nella nostra Chiesa parrocchiale da monsignor Beniamino Alessio il 9 aprile 1940 fra Teresa Anna Comelli e Mario Zamorani, di famiglia ebraica e battezzato pochi mesi prima, tentando probabilmente così di sfuggire alle legge razziali, che il fascismo aveva introdotto nel 1938. In quel periodo, poi, sicuramente la famiglia abitò per qualche tempo a Nimis, fino al trasferimento a Udine nell’ottobre del 1941. Il libro ci rappresenta la figura di Aldo, medaglia d’oro al valor militare, giovane e brillante studente della Scuola Militare, che sicuramente ebbe a frequentare la casa dei suoi nonni materni e che ben possiamo considerare come un figlio della nostra Comunità. Forse Aldo ebbe modo di incontrare l’Osoppo proprio qui a Nimis: egli entrò nel Battaglione Guastatori della Brigata Osoppo, diventando uno degli uomini di punta del reparto, fino al tragico scoppio di Salandri il 22 marzo 1945».
«La storia di Aldo e della sua famiglia – prosegue il sindaco del paese pedemontano – va ad unirsi a quella delle tante famiglie di Nimis che soffrirono pesantemente le conseguenze della guerra e della lotta di Liberazione. Come dimenticare l’eccidio di Torlano e l’incendio dei nostri paesi del settembre 1944?». E aggiunge: «Anche altri episodi meriterebbero di essere studiati e resi noti: si tratterebbe di una importante e quanto mai necessaria operazione che renderebbe la giusta memoria alle tante sofferenze subite. E’ un invito alla Associazione Partigiani Osoppo e a chi si occupa della ricerca storica, a proseguire nella narrazione delle vicende che hanno interessato le nostre famiglie e le nostre comunità. Un pensiero infine alla nostra concittadina Teresa Anna Comelli “Peressot” e alla dolorosa “via crucis” che ebbe ad affrontare: dalle difficoltà causate dalle leggi razziali alla morte dell’ancora giovane marito, e soprattutto alla morte violenta del suo unico figlio Aldo. Possiamo immaginare lo strazio e la tristezza vissuta da questa figlia della nostra terra che, come ci ricorda la pubblicazione, visse sola nella sua casa di piazza XX Settembre a Udine, fino alla sua morte avvenuta nel 1998. E’ ben vero che i tragici eccidi in cui morirono decine di persone (e noi ben ricordiamo quello di Torlano), fanno più impressione e restano più vivi nella memoria, ma non possiamo dimenticare il sacrificio ed il dolore silenzioso, come quello di Teresa, vissuto giorno per giorno per tanti anni».

Roberto Volpetti

«La figura di Aldo Zamorani – le fa eco il presidente dell’Apo-Friuli, Roberto Volpetti – era rimasta un pò in ombra nella storia della Osoppo: si tratta di un giovane insignito della medaglia d’oro, ma nella storiografia osovana “Aldo” o “Aldino” era rimasto ai margini, tant’è che a lui non fu mai dedicata una pubblicazione”. «Nato a Brescia, con un padre militare, frequenta la Scuola Militare, aderisce alla Osoppo, poi lo scoppio di Salandri… tutto sembrava esaurirsi in queste vicende che si raccontano in poche pagine. Andare a fondo nella ricerca – aggiunge – ci ha rilevato invece una storia avvincente, incredibilmente ricca, che Roberto Tirelli è riuscito a rendere viva e pulsante di significato. Anzitutto la vita di Aldo è uno straordinario intreccio, frutto dell’incontro fra il padre Mario, discendente di una delle più prestigiose famiglie ebraiche italiane, e la madre Teresa, proveniente da uno dei tanti rami della famiglia Comelli di Nimis, quella soprannominata dei “Peressot”. Nimis è da sempre luogo di incontro fra stirpi di confine, dove quindi si è formata una “gente un po’ speciale”, come ci suggerisce anche uno scherzoso detto friulano (“I boins, i trisc e chej di Nimis” che starebbe a dire “Ci sono i buoni, i cattivi e quelli di Nimis, che non rientrano in nessuna delle due categorie precedenti”). Un intreccio quindi che vede come protagonisti famiglie e persone che hanno nel proprio Dna gli anticorpi per affrontare le tragedie che la storia e gli uomini infliggono a ogni generazione. Papà Zamorani e mamma Comelli sono quindi i due primi protagonisti della storia di Aldo: papà e mamma che trasmettono al loro unico figlio il carattere e la forza d’animo per affrontare il dramma che in quegli anni si abbatte inesorabile su una famiglia con origini ebraiche».
«Le discriminazioni razziali prima e il crollo del fascismo poi – scrive Volpetti – convincono Aldo ad aderire alla Osoppo, che a Nimis è di casa, così come nell’ambiente degli amici udinesi che frequenta. Per lui finire nei Guastatori della Osoppo è quasi inevitabile: sono il gruppo più esposto, formato da gente determinata ed esperta nell’uso degli esplosivi. Missioni continue e pericolose… Aldo fresco di preparazione della scuola militare diventa uno degli uomini di punta. Abbiamo quindi ripercorso la vita di Aldo in quei mesi, i luoghi e fatti che dovettero accadergli attorno. Anzitutto il casolare su a Salandri: quella casa isolata, luogo ideale per collocare il deposito di esplosivi della Osoppo, ma anche per preparare le varie cariche, gli inneschi. Si trattava di un lavoro altamente rischioso: si ricorda che già una prima volta ci fu uno scoppio che per fortuna si limitò a rompere tutti i vetri e a far cadere una parte della copertura. E poi a febbraio del ’45 lì vicino era accaduto qualcosa di sconvolgente, l’eccidio alle malghe di Topli Uorch: ancora non si capiva bene cosa era successo, certo era che Bolla e i suoi uomini erano stati uccisi. E poi l’11 marzo era successo un altro fatto grave: tutto il comando della Osoppo era stato arrestato a Brazzacco e portato nelle carceri di via Spalato a Udine. E se avessero parlato? E se li avessero uccisi? I due comandanti più autorevoli rimasti liberi, don Ascanio De Luca “Aurelio” e Giorgio Simonutti “Miro”, avevano dato l’ordine di studiare un attacco alle carceri. Probabilmente l’idea era quella di collocare una grossa carica di esplosivo in grado di aprire un varco nelle mura e quindi far entrare gli osovani a liberare i loro uomini».
«Ci sembra di vedere Aldo con il suo amico Gian Nicola Castenetto, intenti a preparare affannosamente l’esplosivo da portare a Udine. Bisognava fare presto – annota il presidente della Osoppo – perché non si poteva rischiare. Non potevano sapere che don Emilio De Roia stava tentando una delle sue azioni più temerarie e che riuscì a far evadere i capi osovani di lì a qualche giorno: si trattava di una azione rischiosa, realizzata nel massimo segreto e che poteva fallire da un momento all’altro.  Poi lo scoppio: quel luogo così isolato e così sicuro divenne la trappola dalla quale non poterono avere scampo. Assieme ad Aldo e Gian Nicola morirono i due coniugi Bombardier che in quei lunghi mesi avevano acconsentito di accogliere il deposito di esplosivo. L’esplosione rase al suolo tutti i fabbricati che facevano parte del casolare e di cui ancora oggi, seppur con difficoltà, si riescono ad individuare i ruderi. Immaginiamo il silenzio dopo lo scoppio, ed il terribile doloroso silenzio che dovette scendere in quelle ore su tutta l’Osoppo: dopo l’eccidio del comando alle malghe, l’arresto dei comandanti, ora lo scoppio che aveva portato via uno dei suoi ragazzi migliori… Credo che quello sia stato uno dei momenti peggiori per la Osoppo. Solo nei giorni successivi si venne a sapere della riuscita della rocambolesca azione di don Emilio e della liberazione dei capi e degli altri osovani dal carcere senza nessuna conseguenza. Rimase il terribile silenzio di mamma Teresa, che aveva già perso il marito alcuni anni prima e ora perdeva il suo unico figlio. Teresa rimase sola con il suo dolore per oltre cinquanta anni».

Don Emilio De Roja

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In copertina, Aldo Zamorani: aveva appena vent’anni quando morì nello scoppio di Salandri, sopra Attimis.

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