di Giuseppe Longo

Con la guerra scoppiata in Ucraina e che, purtroppo, ancora non accenna a spegnersi, è quanto mai attuale il messaggio di pace che giungerà dall’annuale commemorazione del 25 agosto a Torlano e fra poco più di un mese da quella del 29 settembre a Nimis. Giovedì prossimo, infatti, nella frazione ai piedi dei monti Bernadia, Plajul e Zucon si ricorderà l’Eccidio nazifascista del 25 agosto 1944 nel quale caddero 33 vittime del tutto ignare e innocenti, tra cui donne e bambini. Per quella mattinata il Comune di Nimis ha indetto la tradizionale cerimonia che comincerà alle 11 con Messa di suffragio nella Chiesa parrocchiale di Sant’Antonio. Al termine in corteo si raggiungerà il vicino cimitero per rendere omaggio al sacello sul quale sono incisi i nomi dei 33 martiri. Seguiranno i saluti delle autorità, del sindaco Giorgio Bertolla e del rappresentante del Comune di Portogruaro. Alla cerimonia, infatti, non manca mai una delegazione della città veneta per rendere omaggio al sacrificio di mamma De Bortoli e dei suoi bambini, martirio che è perennemente ricordato da un monumento nella frazione di Summaga.

Il monumento in cimitero a Torlano.


Torlano rievocherà così la più tragica pagina di storia della sua comunità, risalente alla Seconda Guerra mondiale. Era infatti il 25 agosto 1944 quando, all’alba, si scatenò la feroce rappresaglia nazifascista quale reazione all’intensa attività partigiana nel paese e nel territorio circostante, specialmente montano, del Comune di Nimis. L’azione fu infatti decisa dal Comando superiore delle SS di Trieste ed è ricordata come una delle pagine più orribili dell’ultimo conflitto, il cui fascicolo, come quello di altre stragi compiute sul suolo nazionale, finì nel cosiddetto “Armadio della vergogna”. Trentatrè, come detto, le vittime innocenti, fra cui appunto donne e bambini: 24 di Torlano e 9 di Ramandolo. Una famiglia molto numerosa originaria della citata Portogruaro fu quasi del tutto sterminata da quello che è passato alla storia come il “boia di Colonia”.

I funerali nel 1947 con le cinque bare.


Secondo gli ordini impartiti dalle autorità naziste, quale rappresaglia alla uccisione di un ufficiale tedesco, quella mattina di agosto doveva scorrere il sangue di quaranta persone del luogo, scelte a caso senza badare se fossero uomini, mamme o bimbi. Sette riuscirono a mettersi in salvo per cui le vittime, come detto, furono trentatrè, tra cui appunto intere famiglie. E la più duramente colpita fu proprio quella dei De Bortoli, mezzadri sfrattati dalla loro terra e giunti nella frazione di Nimis in cerca di un po’ di fortuna: in nove furono barbaramente uccisi. Ma uno dei figli Paolo, che aveva sette anni (è scomparso ottantunenne pochi anni fa), riuscì a salvarsi, protetto dal corpo della mamma, e a farsi una vita, nonostante il tremendo trauma psicologico subito, come pure la sorella Gina, tredicenne, che riuscì a fuggire, sebbene avesse riportato gravissime ustioni causate dai vestiti avvolti dalle fiamme. Nove martiri, insomma, soltanto in casa De Bortoli, mentre le altre persone trucidate appartenevano alle famiglie Comelli, Dri e Vizzutti, cognomi fra i più diffusi a Torlano.
Il sacello-monumento dinanzi al quale giovedì prossimo si terrà la commemorazione ufficiale custodisce i resti di quelle povere vittime che tre anni dopo l’Eccidio furono raccolti in cinque bare, solennemente tumulate nel cimitero del paese, lasciando la fossa comune di Torlano Inferiore perché proprio là fu consumata la strage del 25 agosto 1944. Sinistra premessa di quanto sarebbe accaduto poco più di un mese più tardi a Nimis capoluogo che il 29 settembre fu interamente dato alle fiamme, sempre per rappresaglia scatenata dall’attività partigiana.

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In copertina, mamma De Bortoli con i suoi bambini: la famiglia distrutta originaria di Summaga di Portogruaro.

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