di Giuseppe Longo

“Per le stràe solesàe”, una fra le più belle liriche che Biagio Marin dedicò alla sua Grado. Tradotta poi in musica da Antonio Smareglia, il compositore mitteleuropeo nato a Pola nel 1854 e morto proprio nell’Isola nel 1929, nella grande casa di via Marchesini, sul lungomare vicino alla spiaggia vecchia, attaccata a quella dove abitava “Biaseto”. E proprio questa vicinanza aveva consentito la nascita, fra il giovane poeta e l’ormai anziano e malato musicista, di una solida amicizia che lo portò, appunto, a comporre le famose “Canzoni gradesi”. Una frequentazione di cui si è occupata spesso, con la riconosciuta competenza, anche la compianta Edda Serra, la studiosa che ha dedicato tutta la vita proprio alla figura e all’opera di Marin, del quale ricorrono i 130 anni dalla nascita. Come è noto, la professoressa, già docente di letteratura italiana, era originaria di Trieste ma da sempre è stata affettuosamente legata a Grado. Si è spenta due settimane fa a 90 anni, ma fino all’ultimo si è spesa per la cultura e l’attività di ricerca del Centro studi da lei fondato per celebrare proprio Biagio Marin.

Antonio Smareglia


«Rapporto di amicizia è stato quello di Marin – scriveva a tale riguardo Edda Serra in uno dei suoi volumi dedicati al poeta isolano – con Antonio Smareglia, vecchio, malato e cieco, che a Grado, ospite del nipote, fu vicino di casa di Marin». E ancora: «L’ammirazione di Marin per Smareglia, che lo ricorda sulla sua terrazza, la frequentazione reciproca è stata testimoniata da Marin in discorso tenuto alla Biblioteca Civica di Grado nel 1979 in occasione dello scoprimento della lapide posta sulla casa, casa Smareglia, in cui il musicista era morto cinquant’anni prima». «Singolare il fatto, e tutt’altro che secondario – annotava ancora la professoressa Serra -, che le composizioni di Smareglia, Due canzoni gradesi, risalgano ad anni antecedenti la pubblicazione in silloge delle poesie di Marin, cioè al 1924».
«La musica di Smareglia, le poesie di Marin in una sintesi che pochi conoscono, è troppo grande», scriveva poi Edda Serra in una lettera indirizzata nel lontano 1972 a Silvia Smareglia, ultimogenita del musicista istriano. E in un’altra pubblicazione ricordava che Marin e Smareglia si stimavano tanto, come testimonia «un breve scritto del poeta in ricordo del musicista: “Eravamo vicini di casa (a Grado): e io che sapevo che il grande vecchio era molto solo, andavo spesso a fargli un po’ di compagnia e cercavo di indurlo ad uscire da se stesso, a parlare. Naturalmente andavo in cerca del mistero della sua anima, del mistero di quel lungo dramma a volte molto doloroso e mortificante che era stata la sua vita di musico…”». «Nelle conversazioni tra i due – scriveva infine Edda Serra – il maestro confidò al poeta tanti particolari della sua tribolata esistenza, come quel commosso ricordo della mamma, in cui “riconosceva la fonte della sua anima musicale”. Non per niente le dedicò le “Nozze istriane”, l’opera che gli era carissima».
E ora anche Edda Serra passeggia “per le stràe solesàe” non più di Grado, ma del Cielo inondate di Luce. Dove, per chi crede, ha sicuramente ritrovato il “suo” Biagio Marin, tra le dolci note composte proprio da Antonio Smareglia. Due grandi che l’Isola del Sole non ha dimenticato.

Edda Serra

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In copertina, il poeta Biagio Marin sulla spiaggia della sua amata Grado.

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